mercoledì 21 gennaio 2009

Al di là dello spazio...

[Il mattino seguente sarebbero partiti per Hyperborea: così aveva decretato Atreius, dopo una riunione con tutti i compagni.
Milach teneva particolarmente a quel viaggio, e come dargli torto, dopo ciò che le aveva raccontato, dopo ciò che aveva visto per lui.
Era così preso da esser arrivato a fidarsi della sua magia, pur di scoprire cosa fosse della sua lontana compagna, se così si poteva definire...il difficile era stato raccontargli ciò che la magia le aveva mostrato, al di là dei confini a nord: un'altra anima data in pasto a chissà quale altro demone, e tutto solo per tormentare lui, per straziarlo e, forse, per riportarlo lì. Lei ormai era solo un contenitore vuoto alla mercé di uno stregone senza scrupoli...eppure qualcosa forse era rimasto ancorato a lei o, almeno, questa era l'impressione che lo sprazzo di futuro che aveva visto, le aveva suscitato.
La sua speranza, di Kephirat, era solo che Milach non cadesse in preda alla furia cieca, una volta lì.

Quanto a lei, beh, ora aveva un quadro più chiaro della propria situazione, un quadro orribilmente chiaro e triste. Le lacrime che ancora si sforzava di non versare non avevano un destinatario ben preciso.
L'aveva ferita vedere sua madre al servizio di un uomo serpente, in preghiera in un grande tempio di Set, le aveva dilaniato il cuore scoprire che era stata cresciuta con l'unico scopo di divenire una persona vile, meschina, pronta, al momento giusto, a tradire i suoi compagni per gli scopi dell'Anello Nero.
Aveva creduto che fosse stata una giusta punizione, quella inferta dall'uomo serpente a sua madre, la stessa madre che aveva creduto uccisa quasi dieci anni prima, ed ora realmente morta, il cuore strappato dal petto in un modo che lei conosceva perfettamente, poichè era in grado di farlo.
Ma quell'essere, consciamente o meno, non solo aveva punito il fallimento di sua madre.
Aveva inferto una nuova ferita dentro di lei.
Sapendo che da lontano li osservava aveva voluto che ogni cosa le fosse chiara, che per lui, o loro, non era difficile manovrare chiunque volessero come burattini...e con lei lo avevano fatto da prima che nascesse, ed ora lo sapeva.
L'uomo serpente era lo stesso che, sotto le mentite spoglie di sciamano, aveva convinto sua madre a lasciare il Vanaheim e suo padre, per tornare a sud.
Lo stesso che poco più di un anno prima Milach aveva incontrato nei boschi attorno a Vargas, lo stesso che aveva ucciso la madre del suo lupo, per rubare qualcosa che i cimmeri avevano inviato loro.

Non sapeva davvero cosa fosse a ferirla di più, se il fatto di essere stata manovrata fin dalla nascita, o la segreta speranza che in fondo anche sua madre non fosse altro che l'ennesima vittima degli inganni seminati dagli uomini serpente.
Quella sua stessa confusione era in fondo frutto della medesima fitta rete di intrighi, e rischiava di indebolirla, di far vacillare la sua mente nel momento in cui aveva più bisogno di esser salda.
Forse aveva davvero bisogno di sperare che, in fondo, sua madre si fosse fatta ingannare dalla promessa di un futuro per lei migliore di quello che i ghiacci del nord avrebbero potuto offrirle...

Seduta sul bordo della pozza, osservò in silenzio il costante incresparsi dell'acqua tiepida, mossa dal costante vento che invadeva il tempio della Fenice, la stessa acqua che aveva scrutato durante il giorno con la sua stregoneria: scura, abbastanza da sembrare un drappo di velluto adagiato disordinatamente sulla pietra...non era mai stata madre, tuttavia riteneva al limite dell'impossibile l'idea che una donna potesse lasciare tutto quel che aveva, finire in schiavitù e in quella condizione tirare su una bambina col solo scopo di asservirla a delle creature alla stregua del demoniaco...lei cosa avrebbe fatto al suo posto? Una volta scoperta la fregatura, non potendo fuggire, avrebbe quantomeno fatto in modo di rovinare i piani di chi l'aveva ingannata...]
Sto solo cercando di giustificare il fatto che mi sento in colpa anche per la sua morte...[scosse il capo, convincendosi per un momento delle proprie parole, la realtà era che sperava che la sua fosse un'ipotesi fondata, perchè in fondo sua madre le aveva sempre dimostrato di volerle bene, questo non poteva negarglielo]...domani dovremo partire, ed io non ho ancora preparato le mie cose...andiamo? [il lupo, accucciato, ma vigile, accanto a lei, si alzò prontamente, e le trotterellò dietro fino a Vargas.
Una volta al castello la osservò in silenzio mentre preparava le poche cose di cui aveva bisogno per il viaggio: abiti pesanti, la vecchia pelliccia che ancora conservava dal loro viaggio in Cimmeria, erbe, unguenti, qualche moneta...solo quando lei si fu stesa sotto le coperte, strofinandosi insistentemente gli occhi e il naso, decise di chiudere gli occhi. La sua padrona, se così si poteva definire, non avrebbe avuto bisogno della sua vigilanza fino all'alba successiva, quando avrebbe ricominciato a pensare e a dannarsi per tutti i suoi sensi di colpa, non ultimi Lo Pan e Comer: stavano invecchiando troppo velocemente. Il demone si era già messo al lavoro...]

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